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Polvere sull’erba. Nessun libro «scomodo» è rimasto nei cassetti per 35 anni. Il testo «revisionista» riedito nel 2000 non assomiglia affatto all’esordio dello scrittore di Parma.

Ancora il 31 gennaio scorso, sul Corriere della Sera, Alberto Bevilacqua imputa alla censura del tempo se nel ’55 «venne bloccata» la sua prima prova narrativa, La polvere sull’erba, romanzo poi apparso da Einaudi prima nel 2000 e poi nel 2008: con una diversa indicazione. Nel 2000 il risvolto di copertina scrive che Sciascia «legge il dattiloscitto, vorrebbe pubblicarlo, ma ritiene che possa provocare uno scandalo», riguardando le torbide vicende del «Triangolo rosso», sicché lo accantona; nel 2008 la frase cambia di poco: Sciascia «vorrebbe pubblicarlo ma il clima censorio glielo impedisce».

In entrambi i casi, sembrerebbe che sia Sciascia – autore nel ’55 del diario-denuncia Le parrocchie di Regalpetra e prossimo a pubblicare racconti di tenace concetto come L’antimonio e Il Quarantotto – a lasciarsi intimidire dalla censura democristiana e non che sia la censura a bloccarne la pubblicazione, come parrebbe invece adombrare l’articolo del Corriere. Uno Sciascia di tanta prudenza è davvero inimmaginabile se si pensa che proprio nel ’55, nelle vesti di curatore della collana I Quaderni di Galleria dell’editore Sciascia di Caltanissetta, pubblica un libro di Bevilacqua intitolato giustappunto La polvere sull’erba. Nella sua nota alle due edizioni, Bevilacqua precisa che quel libro era costituito da mere «prove d’autore», le sole che Sciascia (pur avendo avuto consegnate oltre alle prove d’autore, scritte ovviamente in preparazione del romanzo, addirittura il romanzo stesso) avrebbe avuto animo di pubblicare.

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